Domanda:
Quando il paziente psichiatrico rifiuta le cure, chi dovrebbe prendere in mano la situazione?
๑Queeη๑
2010-06-16 03:35:07 UTC
Sul fatto che nei manicomi, in nome della scienza, venissero messe in atto pratiche molto vicine alla tortura, siamo tutti d' accordo... ma dopo la loro chiusura, siamo sicuri che il paziente psichiatrico venga davvero seguito nella maniera più corretta?
Quanti pazienti psichiatri rifiutano le terapie, diventando pericolosi per se stessi e per gli altri, come spesso la cronaca ci insegna?
Quante famiglie si ritrovano a dover fronteggiare da sole tutti gli oneri e le responsabilità che la malattia psichiatrica di un individuo comporta?
Esistono soluzioni o compromessi per migliorare la situazione attuale?
Dieci risposte:
Ros..QUO VADIS, BABY?
2010-06-22 03:59:22 UTC
Ciao cara,

sulla base della mia esperienza posso assicurarti che l'utilizzo sconsiderato, eccessivo di neurolettici è diventato un sostituto "dolce" di tante torture che caratterizzavano il periodo antecedente alla legge Basaglia. L'abuso di farmaci in psichiatria è spesso un palliativo per aggirare la paura delle psicosi più gravi. Detto questo è anche vero che ci sono pazienti psichiatrici particolarmente aggressivi e pericolosi, ma per casi del genere esistono i ricoveri coatti (TSO, trattamento sanitario obbligatorio). In ambito psichiatrico la proposta di ricovero deve sempre essere ben ponderata, perchè il carico di valenze negative che può assumere nella storia individuale del soggetto non è trascurabile. Quando le condizioni psicopatologiche del soggetto sono di gravità tale da necessitare un’urgente terapia o una proposta di ricovero in ambiente ospedaliero, il medico può trovarsi di fronte ad un deciso rifiuto del paziente, che manifesta scarsa o nessuna coscienza della malattia. Il rifiuto può essere scavalcato dall'obbligo medico. Nella scelta di fare un TSO i fattori sociali hanno un peso rilevante, così come i fattori sintomatologici. Quindi, pensando ai vecchi manicomi, alle loro torture immonde...pensando a quante persone estremamente sane (psicologicamente) ci sono finite dentro, magari solo perchè non corrispondevano ai canoni bigotti dei loro tempi, perchè non si piegavano a certe ingiustizie, perchè erano troppo libere o "avanti" rispetto ai tempi lenti della società... mi sento più tranquilla ora.

Baci
anonymous
2010-06-16 04:51:14 UTC
Sono volontaria da oltre 15 anni nel Comitato dei cittadini per i diritti dell'uomo, che guarda caso si occupa di abusi in campo psichiatrico. L'associazione svolge questo compito dal 1969, e molte cose sono state fatte. Intanto vorrei dirti che tutto sommato se sono stati chiusi i manicomi non è che sia cambiata molto la situazione: ospedali o case di cura fanno la loro parte. In fatto di cure non è cambiata neanche questa: forse hanno abolito nei casi più leggeri la camicia di forza, ma usano psicofarmaci (neurolettici) che hanno lo stesso risultato, se non peggiore. I pazienti vengono imbottiti di psicofarmaci e cosa non da poco guai se ti rifiuti!!!!!!! C'è la "bibbia" (DSM) degli psichiatri che come volti la testa ti ha già trovato una "malattia" a cui occorre un psicofarmaco, e se per caso ti dovessi rifiutare troveranno altri "modi" per dartelo.

Non ho mai visto in 15 anni un paziente psichiatrico "pericoloso" fare alcun chè alle persone. Chi definisce la sua pericolosità? Vorrei proprio saperlo...Lo psichiatra che pur di mantenere il suo posto è disposto a mentire, o che "spaccia" cure inefficaci?

La famiglia che di fronte ad una diversità ha il terrore, gli è difficile capire come possa essere successo, se tutti gli altri sono normali. Eppure la famiglia c'entra: nel caso in cui questo paziente ha una discreta eredità cosi che la famiglia gliela possa portare via; oppure un componente della stessa che ha avuto un comportamento tale da renderlo cosi assoggettato al suo volere.

Siamo in una società in cui esiste tutto e ci sono ancora manicomi aperti, come quello di Torino, ci sono case di cura mentali convenzionate, quindi non sussiste il problema se la famiglia volesse "sganciarsi" dal paziente psichiatrico.

I pazienti psichiatrici veramente pericolosi non li lasciano in casa dai famigliari; sono caso mai i famigliari che lamentano una pericolosità inesistente del paziente psichiatrico, che sia dura lo capisco benissimo che sia pericoloso questo no.
anonymous
2010-06-16 07:10:11 UTC
Il vero problema dell'assistenza psichiatrica è che i fondi sono limitati. Tenere i pazienti "liberi" e allo stesso tempo sorvegliarli, proporre delle terapie, anche non farmacologiche e coinvolgerli nella società ha un costo. In nessun luogo, in Italia, la situazione è ottimale e, così come per i malati che soffrono di malattie croniche ed invalidanti, anche le persone che soffrono di un disagio psichico sono molto spesso a carico delle famiglie. Considera inoltre che, in queste condizioni è spesso difficile lavorare anche per gli operatori sanitari. Un'altro problema, e queste varie risposte ne sono un esempio, è che la "malattia mentale", proprio nella sua ragion d'essere scatena diverse prese di posizione filosofiche, etiche, sentimentali e ahimè ideologiche. Un dialogo tra sordi. Per quanto riguarda la pericolosità dei pazienti psichiatrici, purtroppo non c'è un vero modo per classificare una persona come pericolosa o meno. Così come per tutte le persone, nessuno ce l'ha scritto in fronte. Certo, andrebbero prese delle misure di cautela migliori verso coloro che si dimostrano particolarmente violenti o imprevedibili, poichè il pericolo esiste prima di tutto per coloro che ci lavorano assieme ogni giorno (e parlo degli operatori a 800 euro al mese, non degli psichiatri). Secondo me ci si deve liberare un pò dall'ideologia e guardare la realtà : una buona fetta delle persone con disturbi psichiatrici gravi sono difficilmente conciliabili nella società di oggi, dove nemmeno le persone sane spesso si trovano a proprio agio, prive di un sostegno. Il messaggio che secondo me dovrebbe passare è che non importa tanto che un paziente sia "dentro" o "fuori" da un'istituzione, ma piuttosto che questo sia o meno lasciato a se stesso, che mi sembra la sorte decisamente peggiore e che è davvero responsabile di un decadimento immediato dello stato mentale delle persone. In che modo farlo? La discussione è aperta.



volevo aggiungere due cose:



ho ammirato basaglia e lo ammiro tutt'ora, però, ancora una volta, di basaglia ce n'è uno. E altri che si avvicinino a lui, pochi. Io capisco tutto questo "ascoltare il paziente e tenere conto del contesto" che è un pò una frase passepartout...però io so come vanno le cose a Trieste, perchè ci ho vissuto. E ti posso dire che non sono come le ha lasciate Basaglia, o per lo meno non sono andate del tutto come sperava. C'è più di qualche genitore che reclama e ha reclamato delle terapie per i propri figli, invece che tante belle parole ed il disinteresse generale. Ci sono persone che brancolano per la città, sole come se non stessero con nessuno. Ripeto, per ogni grado di libertà che viene dato al paziente, c'è un grado di controllo o di sobbarco di responsabilità e spese a carico dei "sani". Anche perchè, ripeto, per molti pazienti psichiatrici non ci sono le condizioni affinchè si rendano indipendenti, ora.



Inoltre, vi dirò che ho osservato anche questo strano paradosso : alcuni pazienti, quando sono molto seguiti, tendono a "regredire", a rimettere ogni loro responsabilità agli operatori sanitari, alla società. Che ci piaccia o no, il mondo in cui vivono i sani, è un mondo fatto di responsabilità e stress, mentre queste persone rischiano quasi di essere "coccolate" in una realtà parallela, dove tutto è lecito. A me sta anche bene, fintanto che stanno meglio, certo non voglio il loro male, ma almeno rendiamoci conto di cosa significa fare assistenza : dare.

Cambiare la società, renderla più vivibile per tutti, è il fine che dobbiamo perseguire, ma la realtà di ogni giorno è ben diversa, e credo si debbano dare risposte anche a questo tipo di problemi, non solo fare filosofia.
etcetera
2010-06-16 14:15:26 UTC
il disagio della sofferenza psichica è il disagio dell' isolamento, la percezione di una invalicabile fortezza dentro il quale non c' è più nessuno che possa abitarvi e allora al prigioniero incatenato volontariamente al suo delirio non resta che l' urlo lacerante della violenza estrema e annichilente, contro se stesso e contro gli altri. Solo se può apparirgli una via d' uscita da questa fortezza che lo taglia fuori per sempre dal mondo, solo se riesce in qualche modo a pensarsi non più prigioniero ci può essere salvezza, ma il sofferente psichico è terrorizzato dala sola possibilità di questo incontro con il mondo fuori, come è terrorizzato dalla stessa fortezza in cui è serrato, sa di non avere assolutamente scampo né dentro né fuori.

La cura... quale cura? Basaglia comprese la radice della sofferenza e comprese che ciò che la psichiatria ufficiale proponeva come cura era in realtà la malattia stessa, la cronicizzazione di quell' isolamento radicale che è la follia nella sua definizione clinica, fino all' annientamento psichico dell' alienazione a vita. Comprese che c' erano due follie a confronto: quella incontrollabile del paziente e quella della cultura sociale vigente, la prima solitaria e disperata di questa solitudine, la seconda condivisa, apprezzata e imposta, capì che la seconda follia non poteva guarire la prima follia.

Gli psicofarmaci... non restano che questi per attenuare i sintomi del dolore, sì aiutano, ma se agli psicofarmaci non si accompagna la ricerca di una via di uscita essi servono solo a sostituire il contenimento di una camicia di forza, servono solo a ribadire la follia da cui non si esce mai.

Il problema è che la nostra cultura contemporanea non è capace i dare alcuno spazio alla follia, perché non può dare alcuno spazio a ciò che si nega al controllo, perché la volontà di potenza assoluta dell' era della tecnica non può ammettere alcuna incontrollabilità. Come dicevo sopra si tratta solo di due follie a confronto, una singola e per questo alienata, l' altra alienante e dominante nel suo modo di intendere la realtà sezionata.

Curare la follia significa allora salvare la follia, riammettere quest' ospite estremamente inquietante al banchetto della vita, riconoscerne la sacralità, come un tempo coloro che oggi consideriamo primitivi nella nostra stratosferica e folle arroganza, sentivano esprimersi la parola di un Dio nel delirio del pazzo. Altrimenti sarà la follia a farci a pezzi nel dolore, tutti quanti, noi compresi che ci illudiamo del nostro saper stare a tavola al banchetto dei sani uomini di mondo. Come Penteo che non volle riconoscere Dioniso deridendo la divinità di un dio lacerato che lacera e che nella nostra cultura occidentale porta la follia.



Sì Queen, i farmaci servono a procurare l' illusione di una quasi normalità, e l' illusione può essere indispensabile nel contesto familiare e sociale reale, non si può negarlo, perché un paziente con crisi psicotiche violente è un problema immenso per chi ci vive a contatto.

Ho un amico che andava soggetto a gravi crisi depressive, un giorno il medico che lo aveva in cura e che accompagnava la cura farmacologica a incontri psicoterapeutici decise di ridurre la somministrazione farmacologica intensa (con tutti gli effetti collaterali), l' amico subì immediatamente una recrudescenza della depressione e, data la sofferenza che questa procurava a lui e ai suoi cari, decise di cambiare medico.

Mi rendo conto che se è il paziente stesso a rifiutare la terapia farmacologica si possono creare problemi enormi, soprattutto in un ambito sociale come il nostro che, nonostante l' apparenza opposta, non è assolutamente capace di convivere con la devianza dalla norma comprendendola. E' evidente però che non si può generalizzare, che ogni persona andrebbe valutata insieme al suo ambiente, che mancano totalmente quelle strutture cuscinetto senza le quali lasciare semplicemente a se stesso di fronte al mondo una persona soggetta a crisi psichiche significa consegnarlo a una follia ancora più radicale che lui non sarà mai in grado di sostenere. Non dobbiamo scordarci però che la somministrazione coatta dei farmaci non è in sostanza diversa dall' imposizione di una camicia di forza, ha la medesima finalità, anche se talvolta la camicia di forza chimica ha una sua ragion d' essere, ma non può essere il prodotto di una regola, deve essere il prodotto di un incontro con quell' individuo nella sua realtà e nella disperazione che gli è peculiare, deve risultare da un progetto di terapia commisurata a quella persona unica nel suo modo di esistere. Qualsiasi soluzione generale di cura (o qualsiasi risposta generale alla tua domanda) è sbagliata in partenza.
anonymous
2010-06-16 05:50:19 UTC
Cara Queen,

quoto la prima risposta che hai ricevuto. Ne condivo "la critica".



Però penso ad altro riguardo alla praticità.

Ti sembrerò completamente irresponsabile, ma per me uno psicopatico rifiuta di farsi curare dopo diversi tentativi in cui gli si prova a spiegare causa/effetto delle sue azioni invano (quindi presumo in molti casi), credo sia questione di LIBERTA' lasciare loro decidere per la loro vita, liberi come l'aria, come lo siamo tutti.

Mi viene da ricondurre questo discorso al suicidio: se io ho accanto una persona depressa, come famigliare ho il DOVERE MORALE di fare tutto quello che ho nelle mie mani per fargli cambiare idea, TUTTO fino al limite oltre il quale diviene costrizione. Lo proverò a far distrarre, gli provo a par conoscere i lati positivi della sua realtà, non illudendolo però, provando a fargli vedere certi eventi sotto una luce diversa, più serena, gli sto vicino con compassione senza un puro accontentamento passivo, lo tratterei insomma come una persona felice, solo con più dolcezza e più pazienza. Ma se alla fine mi dicesse "lascami andare", se lo trattenessi a forza, lo condannerei al SUO dolore, quello che non vuole provare. LA VITA E' SUA, E' LIBERO/A DI SCEGLIERE, ma ripeto, dopo che io, con affetto sincero e grandissimo sento davvero di aver provato con tutte le mie forze a fargli cambiare idea, ma con rispetto ("considerazione dell'altro").

Ora, per me per uno psicopatico la cosa è ben similare: se rifiutasse le cure, da famigliare, cercherei un'abitazione con giardino ampia per tutta la famiglia, lo porterei a casa e passerei con lui le mie giornate immersi nel verde, a passeggiare, a lasciare che si incanti guardando un'ape che si posa in una rosa. In fondo, cara Queen, sarebbe più felice di me, in fondo sarebbe più poeta, più sognatore e più ingenuo di questa misera vita, del perdersi degli adulti dietro impegni, interessi, tecnologia.

Se ci pensi, resta bambino dentro, per sempre. Ignaro di esserlo, e quindi spensierato. In fondo, cara Queen, uno psicopatico credo diventi violento nel momento in cui gli viene dato motivo. Lasciarli fare ciò che vogliono (in un ambiente non pericoloso per la loro salute fisica) secondo me ci può insegnare molto di più di tante esperienze di passaggio.

Una volta un ragazzo mi disse "soffrirai perchè sei intelligente"..era in un contesto in cui "intelligente" stava per "cosciente della tua situazione". Mi rimase impressa: com'è vero. A volte rimpiango di non essere completamente ignara, quanto meno si sofrirebbe.

Ecco, per me lo psicopatico è un uomo o una donna che vola senza saperlo. Io che voglio volare non ci riesco. Io vorrei quello che lui/lei ha, lui/lei non sa ciò che ha e sta bene così..se solo sapesse ciò che gli è consentito! Come potrei non sentire un profondo dispiacere sia per lui che per me?
?
2017-02-08 14:43:10 UTC
Controllare il panico è possibile, dai un occhiata qui http://SconfiggiAnsia.givitry.info/?A8R6 bisogna allenarsi e possedere alcune tecniche che ti possono aiutare ad avere controllo.
braxton
2017-01-30 19:24:40 UTC
In questo metodo http://GuarireDiabete.teres.info/?5DJ2 troverete tutte le indicazioni utili per convivere con il diabete, usando i rimedi naturali giusti per il controllo della glicemia e gli esercizi fisici mirati. Per ogni diabetico, la salute significa soprattutto tenere la malattia in equilibrio, evitando i picchi di glicemia sia in alto che in basso. Quest’opera ti aiuta a farcela…
Jérome
2014-04-15 06:00:54 UTC
Io penso che le famiglie con pazienti che rifiutano cure siano abbandonati a se stesse. La cruda realtà è che la sanità se ne lava le mani completamente quando è di fronte a casi gravi.
Andrea Fiorita
2010-06-16 13:28:22 UTC
a me l'unica risposta sensata sembra quella di SSCCXX (ma che vor dì???)

siamo d'accordo che l'argomento è ostico, quando si parla di salute mentale (e non è la stupida sezione) ognuno ha dei parametri personali di salute e malattia, di ciò che è normale e cosa non lo è.

molti vedono i pazienti psichiatrici e vengono colpiti dal loro lato infantile, ingenuo, in realtà regredito. e si convincono che sono delle persone meravigliose ed inoffensive.

a questa gente sprovveduta farei notare che è dovere del Medico prendersi cura del malato, e ANCHE del benessere di chi se ne fa carico.

un paziente psichiatrico può diventare un peso, addirittura un pericolo o una esasperazione per i parenti o chicchessia lo accudisca. a questo punto è presente un problema e va risolto.

quale sarebbe la soluzione secondo voi? che il medico dica "massì, portatelo ai giardinetti o al mare"? i parenti come minimo lo manderebbero al diavolo!

molti si gonfiano la bocca di parole come "libertà".

è stato detto che ognuno ha la libertà di vivere la sua vita. vero, ma sempre in un quadro di armonia e rispetto per chi ci sta intorno.

un paziente psichiatrico depresso potrebbe suonare come un concetto inaccettabile, obsoleto per queste persone. ma una madre che non può neanche uscire di casa per la spesa, lasciando solo suo figlio, con il TERRORE di rientrare e trovarlo morto suicida, sfracellato al suolo o penzoloni da un cappio.....riuscite a visualizzare la scena?

questo è un problema da risolvere. e quel ragazzo depresso aspirante suicida va curato, CHE LO VOGLIA O NO.



ora, rispondendo al TITOLO della domanda (il testo non si capisce bene cosa chieda), è abbastanza frequente che un paziente psichiatrico rifiuta le cure....anzi è prevedibile.

è un paziente non cosciente di essere tale, lui si sente magari pure felice nel suo stato e non capisce perchè deve prendere dei farmaci e stare in un ospedale.

ma magari chi se ne prende cura, tanto felice non è.

per cui, quando costui rifiuta le cure, è IL MEDICO che deve prendere in mano la situazione.

il medico come via di mezzo tra i parenti e il paziente, perchè ha ascoltato e valutato le ragioni, gli stati d'animo di tutti i protagonisti della situazione, e quindi elabora una sua personale strategia per risolvere il problema.

il medico psichiatra è l'unico con gli strumenti giusti per fare tutto ciò.



p.s. ha ragione SSCCXX a sottolineare come in Italia tutto questo discorso spesso si trasforma in mere idee, belle parole, e poi i fatti si svolgono molto diversamente.........

ma questo non significa che la corretta intenzione vada buttata nel cesso.

tanto per fare un paragone, buttare la plastica nella differenziata non ci farà respirare aria più pulita nel nostro piccolo, ma questo non significa che non vada fatto.
anonymous
2010-06-17 03:45:10 UTC
Esiste il ricovero "coatto". ovvero esiste l'obbligo di ricovero in casi di gravità estrema che vanno dall'anoressia alla schizofrenia simplex a patologie più complesse. Per cui, si arriva ad un punto in cui il paziente, per legge, NON può rifiutare le cure.



gli oneri non sono solo a carico dei familiari. anche le cliniche private sono coperte da assicurazioni e/o convenzioni statali.

lo psichiatra non parla. quello è lo psicologo o lo psicoterapeuta. lo psichiatra cura la patologia. lo psicologo o lo psicoterapeuta cercano di comprendere la causa della patologia.

stai confondendo psicologo, psicoterapeuta e psichiatra :)))



"Quanti pazienti psichiatri rifiutano le terapie, diventando pericolosi per se stessi e per gli altri, come spesso la cronaca ci insegna?"



pazienti??? o.O'

io non ho mai sentito di pazienti che diventano pericolosi. al massimo ho sentito di gente "libera" o non ricoverata che, con patologie non curate e senza assistenza, crea problemi alla società.

la franzoni era una paziente? no.

erika (erika e omar) erano pazienti? no.

tartaglia. era un paziente? no.



stai confondendo pazienti con persone non ricoverate :))


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
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